Pedro Acosta, un ragazzo di soli 20 anni, ha moltissima pressione addosso. Correre in MotoGP significa anche questo, soprattutto se si ha il potenziale per diventare il migliore del mondo. Il “Tiburon” racconta in un’intervista cosa comporta essere il pilota di riferimento di un team di MotoGP

Pedro Acosta è in cerca della sua prima vittoria in MotoGP. Dopo un anno da debuttante in cui ha collezionato 9 podi, il giovane spagnolo non può che cercare di migliorarsi. KTM ha creduto sin da subito in lui, infatti lo ha promosso già a metà anno nel team ufficiale. Il campionato inizierà il weekend del 28 febbraio-2 marzo a Buriram, appuntamento dal quale Acosta deve iniziare a spingere per tenere testa alle avversarie Ducati.

Nel team austriaco sono nate moltissime difficoltà durante l’inverno: il vicino fallimento economico dell’azienda non ha sicuramente aiutato il team del motomondiale. Sembrava a rischio addirittura la stagione dell’intero costruttore, ma ormai vi è la sicurezza che KTM resterà in MotoGP almeno fino alla fine della stagione. Oltre a questa vicenda, i piloti appena arrivati nei box arancioni si sono trovati in enorme difficoltà. Vinales e Bastianini sembrano faticare molto con la loro nuova moto, mentre Binder, che conosce la moto come le sue tasche, “galleggia” a metà classifica.

L’unico pilota che per adesso ha il potenziale di salvare la classifica di KTM è Pedro. Appena ventenne è costretto ad affrontare la responsabilità per i risultati complessivi del team. Se da un lato può sembrare positivo il fatto di essere il più forte, dall’altro però si trova da solo nella lotta contro le altre case costruttrici che sono notevolmente più competitive.

Tutto il pubblico si aspetta grandissime prestazioni da Acosta e lui risponde così: “Convivo con la pressione da quando avevo 16 anni. Ora ne ho quasi 21, non è cambiato nulla”. La tensione di tutte le aspettative che si posano su un pilota possono anche essere psicologicamente disturbanti. “Sono solamente parole, ma a lungo andare possono far male, soprattutto se dovessi fallire”.

È giusto caricare di tensione un pilota così giovane? Forse sarebbe giusto escludere Acosta dagli impegni. A 16 e 18 anni aveva la pressione di dover vincere i mondiali Moto2 e Moto3 per dimostrare il talento. L’anno scorso aveva la responsabilità di fare buoni risultati in quanto pilota di MotoGP, nonostante fosse solamente un rookie. Adesso Acosta sembra schiacciato da tutte le aspettative che i fan hanno scaricato su di lui. Non dico che sia sbagliato pensare che possa vincere, perché è un grandissimo talento, ma penso sia giusto dargli i suoi spazi.

Se si crede in una sua vittoria, bisogna dargli il tempo di imparare dai suoi errori. Fin ora è l’unico di KTM che nei test è riuscito a sfruttare il 100% della moto e per questo andrebbe “sciolto” da certi impegni. Se si cerca un pilota a cui attribuire certe sollecitazioni, è giusto farlo su Binder, che con anni di esperienza arancione è in grande difficoltà.

In conclusione credo che Pedro Acosta faccia già il massimo per stare davanti. La moto non gli offre ottime prestazioni ma lui “ci mette una pezza” ed è l’unico a farlo. Dal 37 non bisogna aspettarsi delle vittorie, ma credere che possa farle.