Pernat in una recente intervista ha raccontato un aneddoto interessante e allo stesso tempo doloroso. Riguarda i retroscena dopo il fatidico incidente del 24 ottobre 2011 che ha portato via il nostro talento italiano Marco Simoncelli.

Carlo Pernat, uno dei manager con più esperienza di tutto il paddock MotoGP, ha narrato dopo 13 anni un episodio del suo lunghissimo “palma res” di nozioni. Al Secolo XIX, quotidiano di Genova, ha mostrato quanto le persone fossero attaccate a Marco Simoncelli. Dietro il nome “Marco” non c’era solo la figura di un motociclista estremamente talentuoso, ma c’era un ragazzo giovane e simpatico. “Era molto ingenuo, ma era amico di tutti”.
“Avevo un legame strettissimo con Paolo, il padre, e tutta la famiglia. Quando è morto ho vissuto per due mesi in casa loro perché cercavo di dare una mano. In questo lungo periodo Valentino Rossi non si è mai fatto sentire“. Loro due erano migliori amici, si allenavano sempre insieme e avevano un rapporto speciale, lo ha sempre detto anche il dottore. Proprio per questo Paolo non si capacitava del perché Valentino non avesse nemmeno mai telefonato. Carlo Pernat continua il racconto: “Io sapevo perché Rossi non voleva chiamare. Semplicemente si sentiva in colpa di averlo ucciso perché l’ultimo colpo glielo ha dato proprio lui con la ruota”.
Due mesi e mezzo dopo l’incidente di Sepang, Valentino arrivò a casa di Paolo, lo abbracciò chiedendo scusa, sempre convinto che fosse colpa sua. Quel periodo era chiaramente un momento di difficoltà per tutti. Lo stesso Pernat ha ammesso che stava quasi per smettere di lavorare, il dolore della perdita di Marco era troppo forte. “Ero lì lì per abbandonare, ma Paolo mi ha spinto a continuare e se aveva coraggio lui dovevo averlo anche io, ci siamo salvati a vicenda”.