In un comunicato pubblicato sui social, Alvaro Bautista ha dato libero sfogo al suo disappunto legato alla penalità tecnica con cui deve convivere nel WorldSBK. “Quando il sistema non contempla le differenze naturali tra i corpi, smette di essere giusto e inizia ad escludere. Chiedo la revisione dei criteri tecnici, un pilota non si definisce da cosa segna la bilancia.”

Dopo i due titoli mondiali nel WorldSBK del 2022 e 2023, la carriera di Alvaro Bautista nelle derivate di serie ha preso una piega inaspettata . E’innegabile come il calo delle prestazioni sia in gran parte da attribuire alla zavorra di circa 6 kg che da inizio 2024 è posizionata sulla sua Panigale V4 R. Più volte infatti lo spagnolo era stato accusato di trarre eccessivo vantaggio dal suo fisico minuto e peso ridotto.
Le discussioni riguardo a quanto questa decisione fosse legittima o meno sono state molte, ed Alvaro Bautista stesso ha espresso più volte il suo disappunto. Ciò perché, se da un lato il poco peso lo può aiutare in accelerazione, la statura ridotta rende molto più difficile manovrare con agilità una moto da circa 160 chilogrammi. Il tutto si complica se si considera che una zavorra così pesante influisce enormemente sulla dinamica di una moto.
Nonostante ciò lo spagnolo si è sempre rimboccato le maniche ed ha cercato una soluzione, dando prova di grande tenacia e voglia di correre, al netto dei regolamenti. Ieri sera però ha deciso di dare libero sfogo ai suoi pensieri, e di esprimere in una lettera pubblicata in un post Instagram la frustrazione per queste decisioni.
“Oggi voglio scrivervi qualcosa che non è facile per me, ma che credo sia assolutamente necessario”, inizia Alvaro.
“Oggi non parlo solo come pilota, ma come persona. Come qualcuno che ha dedicato la sua vita a questo sport, che si è allenato ogni giorno con impegno, disciplina e amore per la moto. Ma anche come qualcuno che ha sentito sulla propria pelle cosa vuol dire essere giudicato e, in un certo senso, penalizzato… non per le prestazioni, né per l’attitudine, ma per il suo corpo. Per il suo peso.
Per molto tempo sono rimasto in silenzio. Ho cercato di adattarmi, di non dispiacermi, di convincermi che questo facesse parte del gioco. Ma la verità è che quando le tue dimensioni fisiche diventano uno svantaggio strutturale — qualcosa che non riflette la tua capacità di pilota — questo cessa di essere un tema tecnico e diventa una forma di discriminazione.
Mi sono sentito più volte messo in discussione, e mi è stato richiesto di giustificare il mio posto più e più volte. Non perché non sia davanti o dare il massimo, ma perché il mio corpo non rispetta uno standard fisico che, anche se non è scritto, tutti conosciamo.
Capisco che il peso è un fattore tecnico nelle prestazioni di una moto. Lo accetto. Ma quando il sistema non contempla le differenze naturali tra i corpi, smette di essere giusto e inizia ad escludere.
Per questo sto parlando oggi. Non per fare la vittima. Non per generare divisione. Parlo perché non voglio che altri piloti — presenti o futuri — debbano attraversare quello che faccio io. Fargli sentire che il loro corpo è una barriera più difficile di qualsiasi curva.
La mia intenzione con questo messaggio è aprire una conversazione necessaria. Chiedere di rivedere i criteri tecnici, i regolamenti e soprattutto la cultura del motociclismo. Un pilota non si definisce solo dai chili che segna la bilancia. Si definisce dalla sua intelligenza in pista, dal suo istinto, dal suo coraggio e dal suo legame con la moto.
Grazie per avermi ascoltato. Non cerco applausi. Solo coscienza. E si spera, un cambiamento che renda questo sport più giusto per tutti.“
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