Jorge Lorenzo ha riscritta la storia della MotoGP, ma come ogni campione, ha lavorato duramente per raggiungere determinati risultati. Il cinque volte campione del mondo ha raccontato a “MigBabol”, podcast di Andrea Migno, il suo percorso per diventare leggenda.

Jorge Lorenzo: cinque volte campione del mondo.

Uno dei piloti più forti di sempre, Jorge Lorenzo. Cinque titoli mondiali vinti (2006 – 2007- 2010 – 2012 – 2015) tra cui tre in classe regina, la MotoGP. Le sue battaglie leggendarie contro Valentino Rossi rimarranno per sempre impresse nella mente dei tifosi, proprio come quelle contro Marc Marquez, Casey Stoner e molti altri ancora. Lorenzo è uno di quei piloti che hanno lasciato un segno indelebile, un segno che non andrà mai via.

Di seguito le parole di Jorge Lorenzo a MigBabol, podcast di Andrea Migno: “Sono un perfezionista e volevo sempre di più dal mio sport. Dedicavo 6-7-8 ore al mio sport e facevo anche 1 ora di stretching prima di dormire. Quando ero in difficoltà come nel caso della stagione con Honda, facevo anche di più per riuscire ad arrivare al top. Dopo 18 stagioni da professionista e oltre 30 anni di concentrazione assoluta ero un po’ bruciato. Quando non arrivano i risultati e ci si infortuna spesso tutto diventa più duro e difficile. Mi manca la gioia di vincere, un po’ l’ho provata in auto ma non ho vinto niente“.

Jorge Lorenzo durante un festeggiamento di una vittoria in classe regina, la MotoGP.

Mio papà era come un sergente, ma professionalmente gli devo tutto o quasi. Ho dovuto lavorare e sforzarmi molto ma senza la passione che mi ha trasmesso non sarei qui dopo aver vinto i miei mondiali. É stata dura, la sua mentalità era quella di lavorare tanto, aveva sempre il cronometro in mano e segnava gli errori. Mi diceva tutto quello che si poteva migliorare, ma mai un complimento e mi diceva solamente le cose che sbagliavo”.

Volevo essere campione. Per riuscirci dovevo continuare con il metodo di mio padre, non avevo alternative. Era così grande la mia ossessione di essere campione che sopportavo tutto“.

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