Jorge Martin ha vinto il mondiale nonostante non fosse il più forte, il più veloce o il più esplosivo. Ha vinto con la testa un titolo che Bagnaia ha perso sbagliando troppo
Jorge Martin ha vinto il suo primo titolo mondiale (dopo quello in Moto3 nel 2018) contro Pecco Bagnaia, che perde il numero 1 sotto il cupolino dopo due stagioni. Già nei test post stagionali, infatti, abbiamo visto Pecco già tornare al 63. Il finale della stagione MotoGP 2024 ci lascia con una certezza: Bagnaia è il pilota più veloce del mondo. Andando oltre il titolo mondiale non vinto, undici vittorie in una stagione rappresentano un dato che non si può ignorare. Se facessimo, infatti, una somma di tutte le vittorie di Jorge Martin, Marc Marquez, Enea Bastianini e Maverick Vinales otterremmo 9. Bagnaia ne ha vinte 11.
Perché, nonostante questa netta superiorità di Pecco Bagnaia mostrata tutto l’anno, il titolo mondiale è andato a Jorge Martin? A Barcellona (ma lo aveva dimostrato altre volte in stagione su piste diverse tra loro come Assen, Mugello, Red Bull Ring, Jerez) Pecco ha dimostrato ancora una volta il campione assoluto che è. Quando è al top della forma, nessuno può tenergli testa. Terza vittoria di fila con una gara dove nessuno è mai riuscito a mettergli le ruote davanti. Jorge Martin ha dimostrato, però, che il mondiale non si vince solo con la velocità. Si vince con regolarità, gestione delle situazioni, e l’abilità di limitare gli errori ai minimi termini. Ed è qui che Bagnaia ha pagato il dazio più caro. Alcuni episodi sfortunati, ma anche diversi errori di valutazione, hanno trasformato una stagione che poteva essere dominante in una corsa complicata.
Gli zeri principali riguardano la caduta con Marc Marquez a Portimao, quella nella Sprint di Barcellona (a maggio) da primo all’ultimo giro, la scivolata nella Sprint di Silverstone, il contatto con Alex Marquez ad Aragon, la caduta di Misano 2 e quella nella sprint a Sepang. Tutte occasioni sprecate per macinare punti che non hanno poi permesso a Bagnaia di vincere un mondiale che poteva quasi vincere in ciabatte. Ovviamente la stagione perfetta non esiste, e ragionare con il senno del poi è facile, ma se non è bastato neppure vincere undici gare in stagione vuol dire che qualche errore di troppo effettivamente lo hai fatto.
Errori che potevano essere evitati che pesano come macigni in classifica. Tanti punti persi sia per colpa sua che per sfortuna, come nella caduta nella Sprint di Jerez nel contatto con Brad Binder o la gomma fallata nella Sprint di Le Mans.
Dall’altra parte, Jorge Martin ha costruito il suo mondiale con un approccio completamente diverso. Non ha avuto il picco di prestazioni di Bagnaia, vincendo soltanto tre gare (otto meno di Pecco) ma è stato quasi implacabile nella costanza. Qualche errore di troppo c’è stato, come la caduta a due giri dalla fine al Sachsenring e l’errore di rientrare ai box per il cambio moto a Misano quando la pista era ancora asciutta. Ma in generale ha saputo approfittare di ogni occasione, portando a casa punti fondamentali anche quando non era il più veloce. I secondi posti di Motegi, Phillip Island e Chang sono stati fondamentali. Questo gli ha permesso di chiudere la stagione davanti a tutti e conquistare un titolo assolutamente meritato che rimarrà nella storia.
Non è la prima volta nella storia che il mondiale a fine anno non va al pilota più forte ma a quello che ha saputo massimizzare di più. L’esempio perfetto è Joan Mir con la Suzuki nel 2020, mentre Fabio Quartararo era il pilota più veloce. Una sola vittoria (al momento la sua unica in MotoGP) e un sacco di punti presi “accontentandosi”, sbagliando il meno possibile, che gli hanno garantito il titolo. Andando ancora indietro nel tempo, Nicky Hayden nel 2006. Il pilota Honda non era il più veloce, con Valentino Rossi che anzi arrivò a Valencia davanti in classifica, per poi buttare il titolo in gara con una scivolata disastrosa.