Dopo aver letto infinite volte lo stesso argomento, in commenti sui social, e anche in articoli online, penso valga la pena parlarne in modo approfondito per chiarire il più possibile.
Il tema è questo: “Rossi nel 2009 prese la moto di Stoner, in mano a lui vincente, e non concluse nulla.“
Non voglio entrare nel dibattito partendo da Valentino, se sia più o meno bravo di Stoner o di chiunque altro. Voglio invece concentrarmi su quel punto lì, “Prese la moto di Stoner.” Vediamo perchè.
Il progetto Desmosedici GP, iniziato nel 2003 è sempre stato estremamente radicale nelle scelte. Se vogliamo, è stata per anni una moto non pensata per il pilota. Una moto pensata nella pura ottica ingegneristica. Più potenza, meno peso, a costo di tutto, facilità di guida, di setup.
Le desmosedici dal 2003 al 2008 hanno il motore come elemento portante della struttura, con il braccio della sospensione posteriore agganciato direttamente ad esso e non al telaio. Quest’ultimo è una struttura che abbraccia la parte anteriore del motore, ma non arriva ad essere perimetrale.
In questi anni il telaio è costruito con la classica tecnologia Ducati, ovvero il traliccio di tubi in acciaio. In un progetto dove tutto era sperimentale evidentemente scelsero di usare un metodo costruttivo noto in cui fossero esperti, ma sottovalutarono le forze a cui una MotoGP è sottoposta. Le prime Desmosedici del 2003 avevano il radiatore molto vicino alla gomma anteriore, ma quando tornavano al box vi si poteva trovare il segno nero della gomma stessa impresso. L’unico modo per cui fosse possibile è che il telaio flettesse di vari millimetri fino a far toccare gomma e radiatore!
Anche nella zona posteriore le cose non erano facili, ad un certo punto Capirossi chiese e ottenne un forcellone rinforzato perchè fosse più stabile in torsione.
A livello di motore la Desmosedici GP07 era contemporaneamente un capolavoro e una follia. Aveva una potenza molto superiore alle giapponesi, ma era al limite in ogni cosa: erogazione molto appuntita, consumi che lasciavano la moto a fine gara con solo i vapori di benzina nel serbatoio.
Il risultato della stagione 2007 fu una serie di duelli tra Rossi e Stoner, da cui uscì vincitore il secondo. Fu anche la stagione che consacrò Casey, facendolo passare da “rolling stoner” a campione del mondo. Seppe usare la GP07 al massimo, guidandola come solo lui era in grado per sfruttare i punti di forza e limitare quelli di debolezza.
La GP08 seguì il progetto precedente, ma i giapponesi non rimasero a guardare. Nel 2008 il divario di motore non era così marcato e la Yamaha di Rossi alla fine vinse il campionato. Fu l’ultima Ducati MotoGP con il telaio a traliccio, dato che nel 2009 si passò ad un progetto ancora più radicale.
La GP09 era l’evoluzione della 07 e 08? No, era un progetto nuovo. L’idea di Preziosi, il progettista di quegli anni, era portata all’estremo, una moto pensata come oggetto ingegneristico, spinto al massimo e ottimizzato. Poi il pilota l’avrebbe guidata.
La GP09 aveva invece del telaio a traliccio anteriore, una struttura monoscocca in carbonio che si attaccava alla testa del motore e fungeva da telaio e da airbox contemporaneamente. Anche nella parte posteriore c’era un uso del carbonio ancora più estremo sul forcellone.
Il risultato di questa progettazione era una moto molto più rigida delle precedenti. Ma se sulle auto “più rigido” è praticamente sempre “meglio”, sulle moto non è così.
Stoner seppe inizialmente adattarsi al progetto, e se non avesse avuto i noti problemi fisici di metà stagione, dovuti a una intolleranza alimentare, si sarebbe giocato il campionato: fu un anno spettacolare con un testa a testa di Rossi, Lorenzo, Pedrosa e appunto Stoner.
Ma il 2010 ebbe esiti molto diversi, in Ducati continuarono l’evoluzione con l’uso del carbonio, ma qualcosa non stava andando nel verso giusto. Stoner aveva ritrovato la forma fisica, in realtà già a fine 2009, ma la moto aveva iniziato a tradirlo: era tornato a cadere, e quell’anno fece 5 DNF e 3 vittore, contro le 10 vittorie e nessun DNF del 2007. Non abbastanza per il mondiale, e nemmeno per il rinnovo: lui e Ducati arrivarono al divorzio a fine anno, per mancanza di fiducia reciproca.
Eccoci al 2011: la Desmosedici GP11 è una evoluzione della 2010, ma il pacchetto “monoscocca in carbonio, motore portante, gomme bridgestone” sembra non ingranare. Rossi lamenta scarsissima leggibilità dell’anteriore, e un sottosterzo onnipresente, malgrado tutte le modifiche tentate durante l’anno.
La M1 da cui veniva Rossi aveva un telaio perimetrale in alluminio che collegava il canotto di sterzo alla sospensione posteriore, con il motore che era parte integrante dell’equazione di rigidità sui diversi assi di torsione e flessione. Era disegnata da Masao Furusawa, l’uomo che diceva che il telaio deve flettere come il bambù. L’uomo che poi Preziosi cercò di reclutare, e che fece una visita segreta in Italia, ma che poi non accettò la sfida. Riconobbe in Preziosi “un vero spirito da samurai”, per l’essersi messo in gioco personalmente pur di trovare il bandolo della matassa Ducati, ma tornò in Giappone lasciando Preziosi ai propri dilemmi.
M1 e Desmosedici, non vi potevano essere moto più diverse: i difetti che avevano minato la stagione 2010 di Stoner erano amplificati, Rossi e Hayden ebbero come migliore posizione dei terzi posti, uno ciascuno. Lo sterzo chiudeva anche ad angoli di piega molto bassi, senza avvisare. La velocità in curva era insufficiente. Era una moto agli antipodi della Yamaha di Rossi, e anche della Honda con cui Hayden aveva vinto il mondiale nel 2006.
In Ducati però non si può dire non ci provarono: durante tutta la stagione comparvero parti nuove, e dato che si stava anche sviluppando la moto per il 2012, con il ritorno ai 1000cc, ad un certo punto comparve la famosa “GP11.1”, seguita dalla “GP11.2”. Questa moto era sostanzialmente il prototipo 2012 con il motore 800cc del 2011, e la GP11.2 aggiungeva un telaio meno radicale in alluminio, non perimetrale, ma con punti di ancoraggio più arretrati.
Nemmeno questa moto portò a risultati, però: sviluppare un progetto a stagione iniziata, specie se non si è sulla strada giusta, è qualcosa di davvero difficile. Cambiare continuamente modelli, geometrie, materiali portò un enorme caos e nessun risultato immediato.
Intanto Stoner, andato in Honda, vinceva il campionato, di nuovo 10 vittorie in un anno, con una moto con motore a V, come Ducati, ma telaio perimetrale in alluminio. Non era il pilota il problema, si resero conto in Ducati. Stoner riusciva a guidare la Honda esattamente come la Desmosedici dei giorni migliori: derapata e feeling.
Per il 2012 il progetto precedente fu scartato completamente, e comparve un telaio in alluminio scatolato, perimetrale. Ducati non aveva nessuna esperienza con questo tipo di progetto, e ancora meno con la produzione del materiale, quindi fu sviluppato con un telaista inglese, FTR. L’ultima volta che abbiamo sentito di un grande marchio che fa produrre un telaio esternamente? Honda con Kalex, e sappiamo bene in che situazione sia Honda in questo momento.
Nemmeno questa moto però ebbe successo: difficilmente si può essere al massimo della competitività il primo anno di uso di un progetto così differente, senza dati pregressi, e con un motore pensato per essere portante, quindi con masse e posizionamento non ideali.
Arriviamo allora alla domanda iniziale: Rossi nel 2011 prese la moto vincente di Stoner? Come abbiamo visto, la risposta è no. La storia dice che l’ultima Ducati da mondiale era la 2009, e quanto sarebbe stato bello vedere Stoner combattere fino all’ultimo per vincerlo, qualunque poi fosse il risultato. Le moto successive furono sempre meno competitive, ma soprattutto la direzione tecnica fu caotica e disperata, alla ricerca della soluzione magica che non arrivò mai.
Quando nel 2014 arrivò Gigi Dall’Igna, iniziò una lenta rivoluzione che ha portato la Ducati dove è oggi, ovvero a dominare le stagioni MotoGP. Telaio perimetrale, modifiche graduali, attenzione a costruire una moto per i piloti, ascoltando ciò che chiedono. Una moto “facile”, anche se arrivare lì è la cosa più difficile che ci sia.