Eccoci al secondo articolo sull’aerodinamica in MotoGP (qui trovate il primo episodio): oggi parlerò di una zona della moto che è diventata di interesse solo di recente, ovvero la coda. Sebbene da ormai quasi dieci anni siano spuntate ali nella parte frontale delle moto, la coda era rimasta tranquilla, senza strane appendici, fino al 2022. Era una zona così poco interessante da essere anche poco regolamentata: a tutt’oggi non vi è limite alla forma delle ali o al numero di varianti utilizzabili durante la stagione. Facendo un rapido riassunto, le ali sul muso hanno limiti di dimensioni, e devono avere una forma “arrotondata” o comunque non appuntita. Ecco il motivo della forma “a nastro” o “a scatola” devi vari costruttori. Sulla coda questo limite non è presente, e ad un certo punto Ducati, sempre in prima linea nella sperimentazione aerodinamica, ha portato qualcosa di sorprendente. Sulla coda sono apparse due coppie di ali inclinate e sfalsate tra di loro, immediatamente battezzate “coda di stegosauro“. All’inizio giornalisti e ingegneri dei team avversari si grattarono il capo confusi. A cosa serve questo nuovo arnese? Qualcuno ipotizzò un po’ per scherzo, un po’ sul serio che non servisse a nulla, ma fosse un depistaggio di Dall’Igna per confondere la concorrenza. Abbastanza estrema come ipotesi, ma la dice lunga sulla confusione di chi osserva queste nuove appendici. Da allora non si sono praticamente evolute, in Ducati, segno che hanno apparentemente azzeccato la soluzione al primo colpo, senza necessità di cambiamenti.
Certo, ma la soluzione a quale problema? A parte il “depistaggio” ci sono due ipotesi: le appendici sulla coda servono a generare carico, o a eliminare turbolenza. Proviamo a capire quale sia l’ipotesi migliore. Le ali in questione sono molto verticali, e abbastanza piccole. Quindi quando la moto è dritta genererebbero carico più verso i lati che verso il basso, cosa decisamente poco utile. Quindi se questo è il loro scopo, non serviranno in rettilineo, ma in curva, quando la moto è piegata. In quel frangente la coppia di alette interne alla curva è quasi orizzontale, l’altra invece quasi verticale. Ma ecco la prima difficoltà: la forma delle ali sembra voler creare deportanza verso il basso (con quelle interne) e verso l’esterno (con quelle esterne). Solo che le ali interne sono coperte dalla sagoma del pilota, che sporca il flusso d’aria, rendendole meno efficaci. Quindi in sostanza il risultato sarebbe una spinta più verso l’esterno che verso il basso, e un contributo quasi nullo in rettilineo. Non sembra qualcosa di molto utile.
Proviamo a cambiare punto di vista: e se non servissero a generare carico? Vi avevo citato tre parole la scorsa puntata: Carico, Turbolenza, Attrito. Cos’è la turbolenza? È quando il flusso d’aria non scorre in modo uniforme (tecnicamente un flusso “laminare”) ma crea vortici. I vortici creano delle zone in cui la pressione dell’aria cambia da alta a bassa in modo incontrollato. Non avete mai sentito la tuta o la giacca sbattere sulla schiena in moto? Turbolenza. Il rumore fastidioso quando si abbassa un solo finestrino in auto? Turbolenza. Qual’è il problema della turbolenza? E’ che dissipa energia, è un flusso non ottimizzato che spreca parte dell’energia che servirebbe ad avanzare, generando attrito. E una moto a 350 km/h genera parecchia turbolenza, è un oggetto complesso con sopra un pilota la cui posizione non è mai la stessa, e che spesso è nel flusso d’aria di un’altra moto davanti. Torniamo alle nostre ali a coda di stegosauro. E se servissero a ridurre la turbolenza? La cosa è un punto chiave, perché si concentra lì il flusso che scorre sulla parte alta della moto, e sulla schiena del pilota. Le due coppie di alette sembrano proprio avere una forma adatta a incanalare flussi, e spezzare vortici, riducendo la resistenza all’avanzamento. Valutare bene come e quanto è davvero difficile. In quell’area i flussi sono parecchio sporcati da tutto il resto del complesso moto-pilota e probabilmente cambiano anche sensibilmente alle varie velocità, ma è l’ipotesi migliore. I Piloti nel 2022 citavano come vantaggi la stabilità in frenata, anche. E’ un momento in cui il pilota cambia posizione, si rialza e genera molta turbolenza, altro indizio a favore di questa interpretazione.
Ci sono altri indizi che sia giusta: Honda ha delle ali simili quest’anno, ma sono più piccole, più numerose, e accompagnate da una grossa ala orizzontale stile F1. Ma quelle ali a dente di sega non possono proprio servire a fare carico, quindi servono a pulire il flusso.
C’è una seconda tipologia di ali, spuntata sulle Aprilia per prime in alcuni test lo scorso anno, poi KTM, Honda e Yamaha (ma curiosamente, mai sulle Ducati). Queste sono molto facili da decifrare dato che sono delle ali da F1 in miniatura, e servono certamente a produrre carico. Quelle che paiono più estreme ed avanzate sono quelle di KTM, e non è un caso: dallo scorso anno il team di MotoGP collabora con quello di Red Bull F1 che in questo campo ha esperienza da vendere. Ecco che quindi la loro ala posteriore ha profili multipli e forme molto evolute, specie quest’anno. Honda e Yamaha hanno superfici singole, Aprilia ha portato varie soluzioni nei test ma poi in gara è comparsa senza. Queste ali servono quindi a premere la coda della moto verso il basso, e possono produrre verosimilmente qualche decina di kg di carico alla massima velocità. Iniziano a lavorare efficacemente in accelerazione, mano a mano che la velocità sale, dando più grip alla gomma posteriore. Ricordiamolo: più grip significa meno necessità di “taglio” da parte dell’elettronica e quindi più potenza messa a terra. E qui c’è un punto che è interessante: lo spinning. Un telemetrista di MotoGP vi dirà che la moto sta sempre spinnando, cioè la gomma fa più giri di quelli che servono ad avanzare. Sta sempre almeno un po’ sgommando, diciamo. Quanto? E’ sorprendente ma anche sul dritto ci può essere un 5% di spinning. In accelerazione anche il 15%. Quando vedete derapare e fumare la gomma siamo ben oltre questi numeri, che invece sono del tutto normali, e spiegano anche il perché si generino temperature enormi sulla gomma.
Ecco, la pressione sulla coda serve a dare un po’ di grip extra, e quindi ad avere meno spinning, e quindi ad accelerare meglio ed avere più velocità. Sono fattori importanti dato che se c’è un limite nella MotoGP è quello di riuscire non a fare potenza, ma a metterla a terra con efficacia. E poi può avere una funzione anche in staccata. Il trasferimento di carico alleggerisce il posteriore, che diventa instabile, la gomma con poco carico non riesce ad applicare freno motore se si sta staccando da terra. L’ala che genera una forza verso il basso può aiutare anche in questa fase della guida.
Le forme delle code, ali a parte, sono diventate negli ultimi anni sempre più squadrate, e diciamolo, poco accattivanti. La colpa è in molti casi del fatto che nella coda sono ospitati vari dispositivi. Vi sono centraline elettroniche che non trovano altro posto sulla moto, ma soprattutto almeno per qualcuno, Ducati in primis, il cosiddetto Mass Damper. Senza dilungarci troppo, è un sistema meccanico per smorzare le vibrazioni, quindi la coda è così piena da non poter più ospitare lo scarico, che è spostato sul lato (Per Ducati, Honda, Aprilia..)
Solo che quest’anno, Aprilia ha portato qualcosa di decisamente controtendenza. Dai test alla prima gara abbiamo visto alcune varianti di coda prontamente battezzata “alla Batman” con forme non più spigolose, ma molto sinuose, sia nella parte superiore che in quella inferiore. Ed è proprio la parte inferiore quella interessante: è concava, scavata, e lo scarico è messo di nuovo al centro. Questa forma in F1 è piuttosto familiare, è un diffusore che sfrutta i flussi aerodinamici e persino quelli accelerati dai gas di scarico per generare una zona di bassa pressione. Bassa pressione sotto, uguale schiacciamento verso il basso, ma senza usare ali che aumentano l’attrito. E’ una novità molto interessante, tutto da capire quanto efficace, ma che rende bene l’idea di quanto sia evoluto lo studio aerodinamico, alla ricerca di vantaggi e ottimizzazioni.
Nella prossima e (per ora) ultima puntata sull’argomento vi parlerò delle parti più strane e insospettabili, ma anche più rivoluzionarie nelle MotoGP contemporanee: fiancate, downwash ducts, il famoso “cucchiaio” e altro ancora, quindi a presto!